La scorsa settimana, il servizio giuridico della
Commissione europea ha presentato le osservazioni scritte alla Corte di
Giustizia dell’Unione europea che dovrà decidere sulla causa C-492/11, avente
ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata ai sensi dell’art.
267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea dal Giudice di Pace di
Mercato S. Severino relativamente ad una causa avente ad oggetto una
controversia in materia di assicurazione.
Il parere della Commissione è stata “letta” in
maniera diametralmente opposta, per cui mi sembra utile riportare un importante
commento tratto da MondoADR, che consente di fare chiarezza sul punto.
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In considerazione della direttiva 2008/52/CE, letta
alla luce dell’art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
nelle sue conclusioni la Commissione suggerisce alla Corte di rispondere ai
quattro quesiti del giudice di rinvio come segue.
OK ALLE
SANZIONI PER LA MANCATA PARTECIPAZIONE
Conclusione della Commissione: "Tali sanzioni, non risultano tali da ostacolare o rendere
particolarmente difficile l’accesso al giudice".
La Commissione approva senza alcuna incertezza le
due sanzioni previste dal D.Lgs 28/10 derivanti dalla mancata comparizione
senza giustificato motivo in quanto non ostacolano l’accesso al giudice.
NO ALLE
SANZIONI DERIVANTI DALLA PROPOSTA DEL MEDIATORE QUANDO LA MEDIAZIONE E’
OBBLIGATORIA
Conclusione della Commissione: "osta ad una normativa nazionale quale quella oggetto
della presente causa che assortisce il procedimento di mediazione di tipo
obbligatorio di sanzioni economiche in grado di incidere sulla libertà delle
parti di porre fine al procedimento di mediazione in qualsiasi momento e
pertanto di limitare, in maniera sproporzionata, l’esercizio del diritto
d’accesso al giudice".
Su questo quesito il parere della Commissione è più
articolato e ritiene che "un sistema di mediazione quale quello istituito dal
D.lgs. 28/2010, il quale prevede che il mediatore possa e a volte debba, senza
che le parti possano opporvisi, formulare una proposta di conciliazione che le
parti sono indotte ad accettare per evitare di incorrere in determinate
sanzioni economiche, non é in grado di consentire alle parti di esercitare il
diritto di decidere liberamente quando chiudere il procedimento di
mediazione e pertanto non appare in
linea con la ricerca consensuale dell’accordo di mediazione" e prosegue "effettivamente
tale meccanismo appare
in grado di produrre un forte condizionamento delle scelte
delle parti che sono spinte ad acconsentire alla mediazione (mettersi d’accordo
amichevolmente o accettare la proposta del mediatore) e di conseguenza sono
scoraggiate dall’introduzione del processo in sede giudiziaria. Tuttavia,
nel caso in cui tale meccanismo opera nell’ambito della mediazione di tipo
facoltativo, il condizionamento da esso prodotto non appare tale da incidere
sull’esercizio del diritto d’accesso al giudice. Nelle ipotesi di
mediazione facoltativa, infatti,
sussiste sempre la possibilità per le parti di adire direttamente il
giudice".
La Commissione commette una svista quando ritiene
che il mediatore ”a volte debba” fare una proposta senza rilevare che
l’ipotesi è prevista solo quando "le parti gliene fanno concorde richiesta" (comma 1, art. 11 del D.Lgs.
28/10). In ogni caso, concordemente con
il pensiero di moltissimi mediatori, ritiene che le sanzioni derivanti dalla mancata accettazione della proposta del
mediatore, limitatamente ai casi di mediazione obbligatoria, possano
limitare il diritto di accesso al giudice.
OK ALLA
MEDIAZIONE OBBLIGATORIA CON UN TERMINE DI QUATTRO MESI.
Conclusione della Commissione: "non osta, in linea
di principio, ad una normativa nazionale
come quella oggetto della presente causa che prevede per l’esperimento della
mediazione obbligatoria un termine di quattro mesi che in determinate
circostanze sia destinato ad aumentare. Questa misura non appare tale da
comportare un ritardo nell’introduzione e nella definizione di un
successivo giudizio che
possa essere tale
da risultare manifestamente sproporzionato rispetto
all’obiettivo di garantire una composizione più rapida delle controversie.
Spetta, tuttavia, al giudice nazionale stabilire caso per caso se il ritardo
che l’esperimento della mediazione obbligatoria comporta rispetto al diritto ad
una tutela giurisdizionale effettiva non sia tale da comportare una
compressione dì questo diritto suscettibile di ledere la sostanza stessa del
diritto".
Sul punto maggiormente controverso in Italia, la
Commissione è molto chiara approvando la mediazione obbligatoria che abbia un
termine di quattro mesi. Su questo punto la Corte di Giustizia si era già
espressa favorevolmente sulla conciliazione obbligatoria nel settore delle
telecomunicazioni. La Commissione ricorda che "l'art. 5, comma
2, della direttiva 2008/52/CE fa salva la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione
obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzione, sia prima che dopo
l’inizio del procedimento
giudiziario, purché tale legislazione non impedisca
alle parti di esercitare il diritto di accesso al
sistema giudiziario.>> Inoltre sottolinea che << riguardo alla
mediazione obbligatoria, la Commissione ritiene che valgano le stesse
considerazioni in quanto, come il
tentativo obbligatorio di conciliazione
extragiudiziale, anch’essa persegue lo scopo di
ridurre i tempi processuali per la
risoluzione delle controversie
e quello di
far diminuire quantitativamente il contenzioso giudiziario, migliorando indirettamente l’efficienza
dell’amministrazione pubblica. In
questo modo, la
mediazione obbligatoria, pur ponendosi
come misura restrittiva rispetto
all’accesso al giudice, è
giustificata dal fatto che essa realizza legittimi obiettivi
d’interesse generale, tra cui
quello della composizione più
rapida delle controversie, che
é fissato specificatamente nell’interesse delle
parti. La mediazione
obbligatoria appare pertanto
come una misura idonea e non
manifestamente sproporzionata a perseguire i suddetti obiettivi".
RIMANDA
AL GIUDICE NAZIONALE LA VALUTAZIONE CASO PER CASO SULL’ONEROSITA’ DELLA
MEDIAZIONE
Conclusione della Commissione: "osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale come
quella oggetto della presente causa che prevede una mediazione obbligatoria
onerosa. Tuttavia, spetta al giudice
nazionale stabilire caso per caso se i costi di una mediazione obbligatoria
sono tali da rendere la misura sproporzionata rispetto all’obiettivo di una
composizione più economica delle controversie".
In maniera opportuna la Commissione non censura a
prescindere l’onerosità ma ritiene che il giudice nazionale deve valutare caso
per caso quando l’onerosità della mediazione possa essere spropositata rispetto
all’obiettivo della composizione più economica delle controversie. Infatti i
costi effettivi della mediazione dipendono dalle indennità di ciascun
organismo, che possono variare grandemente rispetto ai parametri del DM.
Inoltre, la comparazione tra indennità di mediazione e contributo unificato è
errata perché nel costo del giudizio deve essere ricompreso anche l’onorario
del legale e dell’eventuale CTU che in giudizio è un obbligo e in mediazione
una facoltà. In ogni caso dobbiamo rilevare che la Commissione incorre in un grave errore in quanto prende in
considerazione solo le tabelle e i criteri del DM 180 e non come modificati dal
DM 145 che ha ridotto ulteriormente le indennità e introdotto i tetti
massimi (e non minimi). Inoltre una presunta gratuità della mediazione non
sarebbe coerente con il principio della Direttiva per cui gli Stati devono
assicurare la qualità del servizio di mediazione.
Sullo stesso tema riporto il link ad un altro interessante commento, tratto dal blog mediare senza confini.
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