martedì 16 luglio 2013

Guida al diritto - La lunga notte della mediazione: le modifiche al Dl “del fare”

Di Marco Marinaro - 16 luglio 2013

Prosegue la “partita” sulla mediazione (sinceramente nessuno sentiva il bisogno di certi “giochetti” - soprattutto se penso alla gratuità del tentativo fallito di mediazione obbligatoria, su cui immagino ci sarà, eventualmente, molto da discutere) nell’ambito delle discussioni riguardanti la conversione del “decreto del fare”. Ringrazio Il Prof. Avv. Marco Marinaro per la lucida fotografia della situazione...
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È stata la lunga notte della mediazione quella che tra il 15 e il 16 luglio ha visto riunite le Commissioni I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) e V (Bilancio, tesoro e programmazione) per discutere ed approvare le proposte emendative al decreto “del fare” in materia di giustzia ed in particolare per la riforma della mediazione delle controversie civili e commerciali.

Le modifiche sono numerose e particolarmente incisive rispetto al testo originario approvato dal Governo. Si ricorderà che in relazione all’art. 84 Dl 69/2013 che disciplina la nuova mediazione modificando il Dlgs 28/2010 è stata prevista un’entrata in vigore differita di trenta giorni e, comunque, subordinata alla conversione in legge. Ciò aveva fatto già preconizzare profonde modifiche in sede di conversione e la prospettiva non pare sinora essere stata disattesa. L’immediata entrata in vigore avrebbe causato sicuramente ulteriori problemi e squilibri ad un sistema già eccessivamente complesso e fragile che fatica a consolidarsi, contribuendo a rendere oltremodo lunga e laboriosa per gli operatori e gli utenti anche solo la comprensione di quanto è destinato ad accadere.

Le proposte emendative approvate, che saranno portate in Aula il prossimo 18 luglio 2013, costituiscono per lo più la risultante dell’articolato parere espresso in sede consultiva dalla Commissione Giustizia, il cui presidente e relatore, on. Donatella Ferranti, ha ampiamente attinto alle osservazioni formulate in sede di audizione in qualità di esperto della professoressa Paola Lucarelli.
Ecco una rapida disamina delle proposte emendative che saranno discusse per la conversione in legge. 

La mediazione delle controversie e la proposta conciliativa del mediatore
Si propone di modificare la norma iniziale nella quale viene definita la mediazione. Tale proposta nasce dalla riflessione in base alla quale la proposta di risoluzione formulata dal mediatore non è di per sé mediazione, ma la fase finale, eventuale, di una pratica di mediazione. Tale proposta rispecchia integralmente quella formulata in sede di audizione dalla professoressa Lucarelli, secondo la quale «non vi è bisogno di spingere a forza nella natura della mediazione dei conflitti ciò che non le appartiene, ma che ne rappresenta una fase puramente eventuale, da disciplinare con le opportune cautele a pena di snaturare il valore della mediazione svolta nel rispetto della volontà delle parti interessate». Ciò incide inevitabilmente attraverso la definizione anche a livello sistematico rischiando di alterarne i profili caratterizzanti e gli equilibri normativi.
In tal prospettiva all’articolo 1, comma 1, la lettera a), Dlgs 28/2010 verrebbe sostituita dalla seguente: «a) mediazione: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;».

La competenza territoriale degli organismi di mediazione
Viene introdotta la competenza territoriale per gli organismi di mediazione nonostante il parere contrario del Governo (ribadito nella discussione dal Sottosegretario Cosimo Ferri) e ciò in quanto l’emendamento «non indica in quale modo verrebbe risolto il problema della competenza che dovesse sorgere tra organismi di mediazione».
Tale riflessione è la stessa che aveva condotto originariamente il legislatore a non introdurre tale disciplina. Ribadisce infatti il Sottosegretario Ferri in sede di discussione dinanzi alle Commissioni che «il Governo non intende trasformare l’istituto della mediazione in un quarto grado di giudizio, che si aggiungerebbe ai tre gradi di giudizio esistenti» con ciò alludendo ovviamente proprio ai rischi di un ulteriore irrigidimento degli aspetti procedimentali derivanti da una regolamentazione della competenza territoriale che attiene invece ad aspetti più propriamente processuali.
All’articolo 4 il comma 1 del Dlgs 28/2010 sarebbe sostituito dal seguente: «1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza».

La responsabilità medica e sanitaria
Si propone di inserire una modifica di valenza chiarificatrice ed interpretativa ad una delle materie per le quali è previsto il tentativo di mediazione quale condizione di procedibilità ex lege. Ci si riferisce al risarcimento del danno derivante da responsabilità medica che diviene responsabilità “medica e sanitaria”, così chiarendo alcuni dubbi derivanti dalla prima interpretazione della norma. 
All’articolo 5, comma 1 Dlgs 28/2010 dopo la parola: «medica» si dovrebbero inserire le seguenti: «e sanitaria».

L’obbligo dell’assistenza dell’avvocato
Una modifica particolarmente significativa attiene al ruolo dell’avvocato in mediazione. Si perviene a prevedere che l’assistenza tecnica dell’avvocato sia obbligatoria quando la mediazione è condizione di procedibilità ex lege della domanda giudiziale.
La proposta emedativa prevede che l’art. 5, comma 1, Dlgs 28/2010 risulti così formulato: «Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di …, è tenuto assistito dall’avvocato preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero …».

La sperimentazione della mediazione
La mediazione obbligatoria viene ripristinata ma “a tempo”, nel senso che si prevede che la mediazione quale condizione di procedibilità ex lege sia da considerarsi “sperimentale”. L’obbligatorietà viene reintrodotta quindi ma soltanto per la durata di quattro anni con un monitoraggio (dopo i primi due anni) da parte del Ministero della Giustizia per verificarne gli esiti e conseguentemente assumere eventuali ulteriori determinazioni.
Al comma 1 dell’art. 5 Dlgs 28/2010 si prevede quindi l’inserimento di questa norma (dopo «L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale»): «La presente disposizione ha la durata di quattro anni dall’entrata in vigore della stessa. Al termine dei due anni sarà attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione».

La mediazione prescritta dal giudice
Si conferma la nuova norma che consente al giudice di prescrivere la mediazione alle parti nel corso del processo (e quindi non più soltanto invitandole ad un tentativo stragiudiziale di mediazione). In tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e con la proposta di emendamento approvato si precisa che tale ordine del giudice costituirà condizione di procedibilità «anche in sede di giudizio d’appello».
Si sopprime tuttavia l’obbligo per il giudice che prescrive la mediazione di indicare l’organismo di mediazione, così aderendo alle osservazioni pervenute da più parti in sede di audizione dinanzi alla Commissione Giustizia.

L’esperimento della condizione di procedibilità
Con la proposta emendativa approvata si introduce il comma 2-bis all’art. 5 Dlgs 28/2010 al fine di chiarire che quando la mediazione è condizione di procedibilità dell’azione giudiziale (sia in quanto prevista ex lege sia perché prescritta dal giudice) «la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo».
La disposizione mira ad evitare equivoci circa l’esigenza di definire rapidamente la mediazione soprattutto nei casi in cui dopo il primo incontro non si intravedano possibilità conciliative.

Il primo incontro di mediazione e l’assistenza dell’avvocato
Viene eliminato il c.d. incontro di programmazione che tanti dubbi aveva sollevato tra i primi commentatori ed anche in sede di audizione presso la Commissione Giustizia. Ed infatti, tale proposta emendativa deriva proprio dalle osservazioni della professoressa Lucarelli la quale aveva posto in evidenza le non poche criticità sul piano sistematico, definitorio, prettamente normativo.
Di qui la nuova formulazione della norma che verrebbe inserita nel comma 1 dell’art. 8 Dlgs 28/2010 e nella quale si ribadisce l’obbligo di una costante assistenza tecnica da parte dell’avvocato per ciascuna delle parti: «Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti dovranno partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento».

L’esecutività dell’accordo conciliativo
Si modifica radicalmente l’originaria previsione che aveva introdotto in maniera indiretta l’obbligo dell’assistenza dell’avvocato al solo fine di poter ottenere l’omologazione del verbale di accordo da parte del presidente del tribunale competente per territorio.
All’articolo 12, comma 1, Dlgs 28/2010, il primo periodo si propone sia sostituito dai seguenti: «Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico».

La formazione del mediatore-avvocato
Il Dl 69/2013, all’articolo 16, dopo il comma 4, Dlgs 28/2010 ha aggiunto il seguente comma: «4-bis. Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori.».
La proposta emendativa approvata prevede che di seguito a tale disposizione si aggiunga: «Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò focalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

La gratuità della fallita mediazione obbligatoria
Norma che susciterà un ampio dibattito e problemi di sospetta costituzionalità, è quella che si propone di inserire il comma 5-bis nell’art. 17, Dlgs 28/2010 a modifica di quanto previsto dal Dl 69/2010 ed in base alla quale «Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione». Quindi differentemente da quanto previsto dal Governo che aveva indicato indennità minime per tale ipotesi, si perviene a proporre una assoluta gratuità che viene di fatto riversata sugli organismi di mediazione ai quali per contro si richiede professionalità e qualità.

Si segnala che il Presidente e relatore on. Sisto in sede di discussione ha precisato che «il termine compenso esclude la parte relativa al rimborso delle spese sostenute, riferendosi espressamente all’indennità di mediazione».

L’accordo di conciliazione e l’usucapione

Nel periodo di prima applicazione della mediazione obbligatoria in materia di diritti reali la giurisprudenza aveva dovuto affrontare e risolvere taluni seri problemi interpretativi in relazione alle controversie in materia di usucapione.
Tale rilievo e la possibile soluzione erano stati prospettati dalla professoressa Lucarelli la quale aveva proposto l’inserimento di una «disposizione ad hoc in punto di formalità da adottare per la trascrizione dell’accordo che accerta l’usucapione, intervenendo sull'art. 2645 c.c. (e art. 2643 c.c.) per includervi la trascrizione dell'accordo di mediazione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. In tale caso, l'accordo, che corrisponda al contenuto della domanda giudiziale di cui all'art. 5, 2° co., sarà opponibile ai terzi dalla data della trascrizione della domanda giudiziale».
La proposta emendativa approvata prevede che all’articolo 2643, primo comma, cod. civ. dopo il numero 12 sia inserito il seguente: «12-bis) l’accordo che accerta l’usucapione con la sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato;».

La proposta conciliativa del giudice
A differenza da quanto previsto in materia di mediazione stragiudiziale la modifica apportata dall’art. 77 Dl 69/2013 in materia di conciliazione giudiziale è in vigore dal 22 giugno 2013 (tanto che risulta già edita l’ordinanza del 4 luglio 2013 del Tribunale di Milano che applica il nuovo art. 185-bis c.p.c.).
La norma, pur in vigore, viene emendata in maniera sostanziale tanto da rivoluzionarne la formulazione e gli obiettivi che la stessa sembrava destinata a perseguire. Ed infatti la proposta transattiva o conciliativa del giudice, che era prevista quale potere dovere dello stesso (“deve”), diviene discrezionale. Il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l’istruzione, «formula alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia ed alla esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto» una proposta transattiva o conciliativa.
Si propone altresì la soppressione del secondo periodo della norma indicata (che dispone: «Il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio»). Infine, per evitare le ipotizzate problematiche connesse all’imparzialità del giudice che formula una proposta transattiva o conciliativa, si propone l’introduzione del comma 2 in base al quale «La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione od astensione del giudice».

Il dibattito parlamentare e la conversione in legge
Le numerose e significative proposte emendative al testo del Governo approderanno nei prossimi giorni in Aula. Il clima è teso e le questioni politiche e tecniche sono ancora aperte. Non possono escludersi dunque ulteriori variazioni.

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