mercoledì 11 febbraio 2015

L'utilizzo del cinema nella formazione: una riflessione

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Manca poco… sì, davvero poco… nel senso che, dopo anni di lavoro, sto finalmente finendo il mio volume su cinema e formazione. 

E’ un libro che parte dai classici italiani su questo tema per intraprendere una strada diversa, che si basa sull’utilizzo che faccio delle scene e dei film in miei corsi. 

Il racconto di un’esperienza, la condivisione di una pratica, quindi, ma anche un piccolo vademecum (secondo la mia prospettiva) per chi ama il cinema ed ama anche utilizzarlo nei propri percorsi formativi

Nel volume ci saranno tante scene e schede su film riguardanti, in particolare, la gestione delle controversie ed argomenti affini e collaterali (conflitto, comunicazione, negoziazione, ecc.). E’ un volume per il quale ho avuto il supporto “morale”, fattivo e collaborativo di tanti amici e colleghi, che mi hanno certamente aiutato ad affinare la mia “voce” ed hanno dato idee e spunti anche sugli aspetti metodologici. Nei ringraziamenti, tutti avranno, ovviamente, un giusto e doveroso spazio…

Ad es. quello che riporto oggi nel mio blog, dell’amica e collega Carola Colombo, che mi ha “regalato” un bel contributo sul tema dello “stile” del formatore che usa il materiale filmico. In letteratura si distinguono due stili principali: i “didascalici” e gli “equilibristi”. I primi sono "quelli che usano il cinema come rinforzo, preferibilmente poco negoziabile, a una tesi precostituita" (quindi generalmente dopo aver presentato un concetto), mentre i secondi sono invece "quelli che accettano il rischio di percorrere il territorio, in buona parte inesplorato, delle narrazioni cinematografiche con il solo ausilio di una barra di equilibrio, sospesi a vari metri da terra” (quindi, in apertura della trattazione, come attivazione delle attività). DI GIORGI-D’INCERTI-FORTI, “Apprendere con il cinema”, in CAPPA F.-MANCINO E. (a cura di), Il mondo che sta nel cinema, che sta nel mondo, Mimesis, Milano, pp.133-134. Inutile dire che io prediligo soprattutto questa seconda modalità… e nel libro, ovviamente, spiego anche il motivo ;)

Bene, Carola mi ha suggerito di fare una sintesi, per disegnare un formatore-cinefilo “del terzo tipo” (parafrasando il titolo di un famoso film di Steven Spielberg) che integra i due stili per “esaltarli”, attraverso un utilizzo combinato. Di seguito, riporto tutto il suo contributo, di cui, alcune frasi, ho estratto ed utilizzato anche nel mio volume. 

Grazie Carola e grazie a tutti gli amici che mi hanno dato ottimi spunti… senza di voi, questo volume non sarebbe stato lo stesso… presto ne pubblicherò anche altri. 
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IL CINEMA E LA FORMAZIONE 
di Carola Colombo

Prendete un formatore innamorato del suo lavoro e appassionato anche di mediazione e di cinema. Immaginatelo entusiasta che si prepara ad entrare in aula perché, in un colpo solo, riesce a soddisfare tutte e tre le sue passioni. Visualizzatelo mentre collega computer, proiettore, casse, cavi, spuntati a sorpresa da una borsa che pare quella di Mary Poppins. E ora che ha terminato le operazioni preliminari, guardatelo mentre si rivolge all’aula domandandovi: sarà didascalico o equilibrista?
Si tratta di due tipologie di formatori che utilizzano il cinema in aula, secondo una definizione di Di Giorgi, D’Incerti e Forti. I didascalici tendono a guidare l’aula nella visione del film che, di fatto, rappresenta un supporto didattico al pari di slides e testi. La proiezione serve a rappresentare e rinforzare concetti teorici già espressi dal formatore. Gli equilibristi sono coloro che utilizzano il cinema come stimolatore facendo delle intuizioni e della partecipazione dell’aula la mappa e il progetto per la costruzione della lezione.
Per un formatore che utilizza il cinema, essere didascalici o equilibristi è il prodotto di più elementi e circostanze.
Il primo è caratteriale: chi è direttivo e più incline alla lezione frontale preferirà il cinema come rinforzo di quanto spiegato. Chi ha l’animo dell’esploratore sarà naturalmente portato alla sperimentazione e il cinema sarà un supporto e un’occasione.
Il secondo è legato alla preparazione del formatore e alla sua esperienza in aula: essere equilibrista presuppone una conoscenza ampia e salda della materia oggetto di formazione e capacità di gestione dell’aula acquisita con l’esperienza, per essere un vaso di contenimento degli spunti che emergono ed evitare dispersioni. Il formatore che non è supportato adeguatamente da questi fondamentali, potrà sentirsi più sicuro utilizzando i video a chiusura del proprio intervento, quindi in modo didascalico, anziché in apertura come gli equilibristi.
C’è un terzo elemento ed è il tempo a disposizione del formatore: l’equilibrismo necessità di uno spazio temporale maggiore del didascalismo perché non percorre una distanza conosciuta ma si cimenta nella ricerca di nuove vie ed è soggetto ad imprevisti.
Ultimo, ma non meno importante, è il livello di preparazione dell’aula sulla materia oggetto di formazione: l’equilibrismo è più efficace se c’è già una conoscenza di base degli argomenti da trattare. Rischia di esserlo meno o di essere troppo dispersivo se la platea è digiuna e si avvicina alla materia per la prima volta. In questi casi la modalità didascalica può essere più idonea per la trasmissione delle nozioni basiche.
Se il formatore didascalico si affida al cinema come dimostrazione o meglio, rappresentazione delle tesi da lui sostenute, il formatore equilibrista lascia che dall’uditorio giungano spunti, argomenti, tesi per costruire la trama della lezione. La sua opera è quella di inglobare tutto ciò che arriva per sistematizzarlo, farne una sintesi e declinarlo in funzione della mission contenuta nella richiesta formativa. Questo prodotto, che rappresenta un unicum perché generato dall’alchimia creata dalle persone che formano “l’aula” (formatore compreso), potrà essere all’aula stessa riproposto come il risultato di un lavoro corale in cui i confini di chi forma e di chi è formato smettono di essere netti.
Tra questi due approcci, opposti per natura e metodologia, si colloca il formatore che potremmo definire “equilibrista didascalico”. È colui che predilige l’equilibrismo nell’uso dei film in aula ma, allo stesso tempo, fa in modo di indirizzare gli uditori definendo preventivamente i temi della lezione da sviluppare. Ciò significa che la proposizione di un video è preceduta dall’identificazione degli argomenti oggetto del suo intervento, senza per questo addentrarsi nella teoria. Questa modalità da un lato influenza i discenti che cercheranno nel film i riferimenti coerenti con le informazioni, seppur essenziali, ricevute inizialmente, e dall’altra consente al formatore di circoscrivere l’area delle sollecitazioni provenienti dall’aula per soddisfare appieno e in modo interattivo la richiesta formativa ricevuta, escludendo le divagazioni e limitando gli interventi dispersivi.
Come con l’equilibrismo puro, anche in questo caso il film costituisce la partenza della lezione che verrà scandita e calibrata sugli interventi dei discenti. Se poi il tempo lo consentirà, la visione finale dello stesso filmato potrà assolvere anche alla funzione di “rinforzo” del lavoro fatto in aula.

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